Pochi giorni fa ho letto un articolo su una delle testate giornalistiche a maggior tiratura. Mi è piaciuto particolarmente perché paragonava il nostro parlamento ad una cucina i cui cuochi elogiano il digiuno, o a un ateneo i cui docenti celebrano l’ignoranza o ancora ad una chiesa i cui preti dal pulpito predicano l’ateismo. Effettivamente non è stato uno spettacolo particolarmente piacevole. Siamo partiti il 24 gennaio, e da lì ci sono voluti sei scrutini, cinque giorni e il quasi sacrificio dell’attuale Presidente del Consiglio per poi ritrovarsi con mazzi di schede bianche e nomi che fanno accapponare la pelle. Meno male che ci sono i social network (luogo per altro in cui siamo tutti virologi, poeti e statisti) intasati di meme che hanno commentato passo dopo passo questa corsa al Colle.
Quindi, tra una figuraccia e l’altra del nostro parlamento agli occhi di tutto il mondo, qualche risata ce la siamo pure fatta. È una scelta discutibile perché il Presidente è anziano? Non saprei, dopotutto siamo il paese che ha scelto Pertini, Napolitano e via discorrendo. Non è che loro avessero tante primavere in meno di Mattarella. Non ci piace perché non è una donna? Beh, se i presupposti sul perché eleggere una donna come capo dello Stato sono quelli che siamo stati tutti costretti ad ascoltare dai media, forse è anche meglio così.
Penso che l’aspetto che personalmente mi ha disturbata e che quindi, inevitabilmente leggo come la sfaccettatura più triste, è che in tutta questa vicenda, nessuno abbia voluto prendersi la responsabilità sulle proprie spalle. E, scusate se mi ripeto, dopo sei scrutini, cinque giorni di nomi ridicoli e il quasi sacrificio dell’attuale Presidente del Consiglio, eccoci qui a vedere come unica soluzione possibile ritornare sui nostri passi “perché tanto la Costituzione lo prevede”.